Tre Colori | Krzysztof Kieślowski, la Francia e il valore della trilogia (2024)

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Juliette Binoche, Julie Delpy, Irène Jacob e le vite di un’opera unica. In streaming su Rarovideo Channel

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ROMA – «Liberté, Égalité, Fraternité». Questo è il celebre motto del Settecento associato alla Rivoluzione francese e divenuto poi il motto nazionale della Costituzione francese del 1958. Tre parole – Libertà, Uguaglianza e Fratellanza – che racchiudono in sé un mondo intero di diritti, possibilità, storie e vita. Un’ispirazione per tutti con i suoi temi universali. In particolare per Krzysztof Kieślowski che alla metà degli anni Novanta, dopo quel capolavoro assoluto di La doppia vita di Veronica, scelse di rielaborarne i contenuti in chiave filmica. Ne derivò un progetto straordinario come solo il televisivo Decalogo del 1988 dove ogni opera è testimonianza, espressione e contenitore valoriale di una delle parole di quel motto. I tre colori della bandiera francese fecero il resto. E quindi tre parole, tre storie: Tre colori – Film Blu (Liberté), Film Bianco (Égalité) e Film Rosso (Fraternité).

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La libertà di vivere per Julie Vignon (Juliette Binoche) dopo un lutto straziante e solo apparentemente inelaborabile, negato dalla stessa, rimosso sin nelle sue viscere in una maschera calcolata di freddo cinismo da unica sopravvissuta di un incidente. Uno stato di stasi emotiva al centro di Film Blu che il dispiego dell’intreccio smuove del tutto sino a rifiorire nelle scelte, nell’amore e nella piena accettazione di sé e delle proprie emozioni. L’uguaglianza di Film Bianco e il desiderio del protagonista maschile, il parrucchiere polacco Karol Karol (Zbigniew Zamachowski), di veder ricostruita la parità relazionale tradita dall’ex-moglie Dominique Vidal (Julie Delpy) dopo un divorzio in circostanze umilianti. Un film costruito da Kieślowski come una revenge-story sottile, attesa, hitchco*ckiana, dove la morte è rito di passaggio teorico inteso come approdo in una nuova vita fatta di nuove consapevolezze.

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Non ultimo la fratellanza di Film Rosso – il più complesso della trilogia Tre colori – in cui Kieślowski dà forma a una pellicola magica fatta di caso e destino, cinismo e fede, dubbio e desiderio, sulle interconnessioni e le forze mistiche che regolano la nostra vita. Al centro del racconto l’amicizia tra la modella Valentine Dussaut (Irène Jacob) e il giudice Joseph Kern (Jean-Louis Trintignant) e una vita che prende il tempo per riavvolgerlo tra strade secondarie e momenti che ritornano. Concepita e realizzata da Kieślowski tra il 1993 e il 1994 come un tomo unico – al punto che la lavorazione di Film Bianco coincise con la post-produzione di Film Blu e la pre-produzione di Film RossoTre colori ci viene presentata in un primo momento come una trilogia tematica sul rapporto uomo-donna, l’incomunicabilità e i desideri inespressi.

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Da Film Bianco in poi però, con Julie che appare nel prologo giudiziario in una profondità di campo dalla messa a fuoco appena accennata e subito abortita da Kieślowski, Tre colori si trasforma in un affresco di storie che vivono nello stesso mondo. Intenzione cementificata nel climax del disastro nautico di Film Rosso dove vediamo proprio il ritorno come cameo di Julie, Dominque e Karol inframezzato da sequenze del naufragio di repertorio dell’Herald of Free Enterprise del 6 marzo 1987. Un modo semplice ed efficace di dare una chiusa speranzosa a tutti i protagonisti del progetto filmico. Ad accomunare ogni opera la sempre strabiliante e rigorosa regia di Kieślowski che nel tener fede all’elemento cromatico di ogni capitolo, lo avvolge plasmandolo di costruzioni d’immagine variopinte e soluzioni fantasiose caratterizzate da elementi del mobilio, insegne ed elementi vari del croma dominante.

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Ma soprattutto l’uso della luce: il vero elemento caratteristico di Tre colori. Qualcosa per cui se in Film Blu e Film Rosso le rispettive pellicole sono come travolte di una luce blu/rossa sino quasi a restare sottotraccia, sottopelle, tra le intercapedini delle immagini, in Film Bianco appare una calda luce bianca nelle digressioni temporali che raccontano il felice giorno delle nozze di Karol e Dominique. Scelta stilistica utilizzata da Kieślowski come elemento in opposizione al grigiore della quotidianità da separati. Un’opera semplicemente abbacinante Tre colori. Un progetto filmico che nella sua complessità tematico-narrativa funse da perfetta uscita di scena del maestro polacco. Ciliegina sulla torta di un opus (tele)-filmico breve ma intenso (La cicatrice, Il cineamatore, Destino cieco, Senza fine, Decalogo, La doppia vita di Veronica) che all’indomani di Film Rosso annunciò il suo ritiro dalle scene. Non prima di aver vinto ogni premio possibile.

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L’intero progetto Tre colori – disponibile su Rarovideo Channel che trovate sia su Prime Video che su The Film Club – portò nelle mani di Kieślowski un Leone d’oro al Miglior film e la Coppa Volpi per la Miglior Attrice a Venezia 50 (Film Blu), un Orso d’argento per la miglior regia alla Berlinale 44 (Film Bianco) e tre nomination agli Oscar 1995 (Film Rosso) su cui si discusse moltissimo. Perché in origine Film Rosso fu candidato come Miglior film straniero come candidatura ufficiale della Svizzera agli Oscar. Candidatura poi rispedita al mittente dal comitato di selezione perché incapace di soddisfare le linee guida necessarie al controllo artistico di un film all’interno di una co-produzione straniera. Per merito di Harvey Weinstein e della sua Miramax che distribuì il film nel mercato statunitense, Film Rosso fu invece candidato nelle categorie Miglior regia, Miglior fotografia e Miglior sceneggiatura originale.

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Passò perfino in concorso a Cannes 47 dove vide trionfare Pulp Fiction per la Palma d’Oro, ma, ironia della sorte, se chiedete a Tarantino, vi dirà che prima di vincere si era espresso in favore proprio di Film Rosso. Un progetto filmico universale Tre colori frutto dello sforzo produttivo congiunto di CED Productions, Eurimages, France 3 e MK2 Productions la cui appartenenza francese incise e non poco sull’ispirazione alla base secondo Kieślowski: «Le parole Liberté, Égalité, Fraternité sono francesi perché i soldi per finanziare il progetto erano francesi. Se fossero stati di un’altra nazionalità forse li avremmo intitolati diversamente, o avrebbero potuto avere un’altra connotazione culturale, ma probabilmente sarebbero stati gli stessi». Perché in fondo, si, sarebbe cambiato poco per Tre colori, ennesima volta del genio filmico di un Kieślowski dalla produzione artistica fatta esclusivamente di opere indimenticabili.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film

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